Un continente che cambia e che cerca sempre più l’eccellenza dei prodotti, delle specificità e delle competenze della piccola e media imprese italiana, e che offre in cambio interessanti opportunità di internazionalizzazione in molti settori. Non solo agricoltura, energia, costruzioni e infrastrutture, ma anche digitale, meccanica, chimica, e pure beni di consumo di medio livello e di lusso
FEDERICO PIAZZA, 31 GENNAIO 2022
VICENZA. L’Africa può essere un ambiente sicuro e un mercato profittevole per il business delle PMI italiane. Ecco in sintesi il messaggio emerso dalla tappa veneta di Vicenza del 26 gennaio del roadshow nazionale di Confindustria Assafrica & Mediterraneo.L’Africa infatti non chiede solo progetti di aiuto nella logica della cooperazione internazionale. E non è terreno di investimento e di sviluppo solo per Cina, Turchia, ex potenze coloniali e multinazionali europee e americane. Ma esiste e sta crescendo anche un’Africa che cerca sempre più l’eccellenza dei prodotti, delle specificità e delle competenze della piccola e media imprese italiana, e che offre in cambio interessanti opportunità di internazionalizzazione in molti settori. Non solo agricoltura, energia, costruzioni e infrastrutture. Ma anche digitale, meccanica, chimica, e pure beni di consumo di medio livello e di lusso vista l’espansione in corso delle classi alta e media in molti Paesi africani.Fare sistema per i mercati africani
Ma occorre che le PMI si muovano in una logica di sistema di filiera integrata con le grandi imprese nazionali già operanti nel continente e con la rete della diplomazia economica italiana, della finanza e degli operatori degli strumenti di gestione del rischio. Un’istanza di cui si fa promotrice Assafrica & Mediterraneo, la community business di Confindustria, a cui oggi aderiscono 130 aziende italiane di vari settori, che ha attivato un tavolo di lavoro operativo con gli attori del Ministero degli Esteri, Cassa Depositi e Prestiti, Sace, Simest, coinvolgendo anche Ispi per gli studi macroeconomici. Attività finalizzata a sviluppare strategie ad hoc di internazionalizzazione delle imprese in Africa per settori merceologici, filiere, mercati Paese, tender (individuazione per tempo dei bandi, monitoraggio e supporto informativo alle imprese partecipanti). Una serie di azioni che, se messe a sistema, possono spesso permettere di cogliere anche le opportunità date dai rilevanti finanziamenti disponibili attraverso istituzioni come la Banca mondiale, la Banca africana di sviluppo, la Banca europea per gli investimenti.
La testimonianza di Massimo Dal Checco
Presidente di Assafrica & Mediterraneo è Massimo Dal Checco: «C’è tantissimo spazio in molti mercati africani per il Bello e Ben Fatto (BBF) dell’eccellenza italiana, ed è molto apprezzato il nostro tipico approccio al business attento a creare ricchezza per il territorio. Questo vale per l’Africa mediterranea della regione MENA (Middle East & North Africa) e per la Repubblica Sudafricana, con cui abbiamo storicamente relazioni economiche più strette, così come per l’immenso potenziale dell’Africa subsahariana, dove ci sono ottime condizioni e opportunità per esempio in Gambia, Ghana, Senegal, Costa d’Avorio, Ruanda, Zambia».
Massimo Dal Checco
Ma l’Africa è nel frattempo diventata sempre più terra cinese in molti settori. «È vero che con i cinesi non possiamo competere come volumi, ma come qualità sì», sottolinea Dal Checco. «E prenderci anche delle belle soddisfazioni, per esempio nelle infrastrutture, perché sta crescendo la domanda di opere fatte bene e sostenibili: gli africani si stanno rendendo conto che le realizzazioni delle aziende italiane sono più belle esteticamente, durano di più e hanno meno costi di manutenzione di quelle dei cinesi».Dal Checco è un imprenditore di origine padovana a capo di una PMI lombarda del settore informatico (Sidi Group), che ha conosciuto l’Africa sette anni fa quando con la sua azienda in Senegal ha vinto una gara finanziata dalla Banca Mondiale per rifare il sistema informativo di una grande utility energetica del Paese. «All’inizio ero spaventato, con una percezione di complessità e difficoltà che è comune a tanti quando ci si approccia all’Africa: una diffidenza verso questi mercati che ho quindi vissuto personalmente. Ma poi, e questo è il messaggio che desidero trasmettere alle medie imprese, in Senegal ho lavorato bene e con buona marginalità. Ed è un’esperienza comune anche ad altre aziende e in altri Paesi del continente: in Confindustria Assafrica & Mediterraneo ho conosciuto un’Africa che non immaginavo».
L’esperienza in Africa di Pedon e Corà LegnamiNell’incontro di Assafrica & Mediterraneo con gli imprenditori sono state raccontate anche le esperienze in Africa di due realtà vicentine.Nell’agroalimentare il Gruppo Pedon in Etiopia (oltre che in Egitto e Sudafrica) con la coltivazione di fagioli in collaborazione con 20mila famiglie di agricoltori è diventata in circa vent’anni la principale azienda esportatrice di legumi del Paese. Mentre nel settore legno il Gruppo Corà Domenico & Figli ha avviato a fine dicembre 2021 in Gabon, dove opera da vent’anni, un programma in joint-venture con una società sudafricana e in partnership con il governo per lo sviluppo integrato in gestione ecosostenibile di un territorio di 10mila chilometri quadrati, pari a circa il 60% della superficie del Veneto, nel grande bacino forestale del fiume Congo.
Alcuni dati sullo sviluppo presente e futuro dell’AfricaI numeri dicono che complessivamente nell’ultimo ventennio il continente africano ha quasi triplicato il Pil reale. Un continente giovanissimo in pieno boom demografico che conta oggi 1,3 miliardi di abitanti con un’età media di 19 anni, e che secondo stime ONU nel 2050 saranno 2,4 miliardi con un tasso di urbanizzazione del 60%. Grandi driver di crescita, oltre a infrastrutture di trasporto e costruzioni, saranno l’energia, anche quella da fonti rinnovabili che dal 2015 al 2019 è aumentata del 40%, e l’agribusiness, settore che entro il 2030 varrà un trilione di dollari in un continente che detiene il 65% delle terre arabili del pianeta non ancora coltivate.
Ma notevole sviluppo ci sarà anche nel digitale, a partire dagli investimenti per l’African Continental Free Trade Area, progetto che comporterà lo sviluppo di grandi infrastrutture per la gestione di enormi moli di dati tra le dogane. Un progetto che una grande valenza economica per lo sviluppo dei mercati, visto che si basa su un accordo a cui hanno aderito 54 dei 55 Stati africani che prevede, tra i vari aspetti, una progressiva riduzione dei dazi intra continentali fra vari blocchi di Paesi e per molte categorie merceologiche, fino all’azzeramento totale nel giro di una quindicina d’anni.
Dati export e investimenti Italia e Nordest in AfricaArrivano segnali di ripresa sull’interscambio commerciale con l’Africa, secondo dati forniti da Assafrica & Mediterraneo.A livello nazionale crescita del 46,3% nel periodo gennaio-settembre rispetto allo stesso periodo del 2020. Le prime voci dell’export italiano sono macchinari, prodotti petroliferi raffinati, metalli di base e prodotti in metallo, mezzi di trasporto, apparecchi elettrici e sostanze e prodotti chimici. Il nostro Paese risulta il settimo fornitore del continente africano, con una quota di mercato del 3,2%, e le principali destinazioni sono Egitto, Tunisia, Sud Africa, Marocco, Algeria, Libia, Nigeria, Angola, Senegal e Costa d’Avorio. Ma il saldo complessivo rimane negativo, per effetto del forte peso sulle importazioni dei volumi e dell’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche e dei minerali.Per quanto riguarda il Triveneto, le esportazioni in Africa nel 2020 hanno registrato un valore complessivo di 2,5 miliardi di euro, in leggera flessione rispetto all’anno precedente. Positivo il trend nei primi tre trimestri del 2021, con un importo complessivo di 2,1 miliardi di euro (+41,9% tendenziale sul 2020).L’export del Veneto nello stesso periodo è salito del 19,4% tendenziale sul 2020. Destinazioni principali sono Sud Africa, Tunisia ed Egitto. Mentre la provincia di Vicenza, che concentra le sue esportazioni africane principalmente nei settori manifatturiero (gioielli e pietre preziose), macchinari e prodotti tessili, ha messo a segno tra gennaio e settembre 2021 un +23% sul 2020, per un valore complessivo dell’export di circa 500 milioni di euro.Sul fronte investimenti diretti, secondo i dati del World Investment Report 2021 della Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo (UNCTAD), nel 2019 l’Italia si è confermata tra i primi dieci Paesi investitori nel continente africano. In Africa operano 1.740 imprese italiane, che occupano 75.703 addetti con un fatturato complessivo di 25,8 miliardi di euro, principalmente nei settori energetico, costruzioni, trasporti, logistica e meccanico (Dati Reprint 2017).
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